Per anni, da ragazzo, sono stato costretto a rispondere sempre alla stessa domanda: “Come sei magro. Ma non mangi?”. Eppure, stavo benissimo. A parte la mia “visibile” magrezza, non soffrivo di alcuna malattia. E non mi vergognavo particolarmente del mio aspetto fisico. Infatti, decisi soltanto a 26 anni di sottopormi a una gastroscopia, dalla quale poi risultò un’allergia al glutine.
Ma perché ho deciso di parlare di questa cosa proprio adesso? Perché la notizia della morte di una 22enne di Sala Consilina, avvenuta in seguito a delle presunte complicazioni avute dopo un intervento di riduzione dello stomaco, mi ha riportato indietro con la mente a quella “visibile” magrezza. O se preferite “apparente” magrezza. La sostanza non cambia. Siamo grassi o magri soprattutto per gli altri. E non importa quello che siamo veramente o che pensiamo, conta il corpo. Quello che per Platone era il “carcere dell’anima”.
Il corpo è considerato un mito dei nostri giorni. La bellezza del corpo diventa culto e tutti quelli che non ce l’hanno sono esclusi.
Gli altri, dunque, diventano lo specchio nel quale “vediamo” la nostra magrezza o grassezza, uno specchio che si limita a riflettere la presunta immagine ideale di noi stessi. Un’immagine difficile da raggiungere. Fino a farci morire.