“Grano e campi. Sì ma voi come campate?”

La mente ti esalta, ti libera, poi di colpo ti abbatte e ti ruba la voglia. E quando la voglia e il coraggio non li trovi, allora lo stomaco si chiude. E dipende, ma da che dipende, da un lavoro che non è mai stabile, da una comunità che si perde per strada, dal paese che è piccolo e si sta in casa, dal desiderio di una città. Provi, cerchi, riprovi, ricerchi, la mente si sbatte, se ci fosse questo e se ci fosse quello, allora magari…Sarà che non si dovrebbe mai uscire da un posto per non perderne la spontaneità, ma come si fa a non uscire.

Sì ma voi come campate? Penso, come campate in questo paese? Penso, penso penso ancora questo, mentre arrivo qui a Caselle in Pittari, Cip per gli amici. È la settimana di campdigrano, giorni che scorrono per parlare e fare ruralità, sperimentare un nuovo immaginario, una nuova idea di vita sociale all’interno di una comunità, economicamente sostenibile e orizzontale. Ruralità e social innovation, parole che negli ultimi mesi ho incontrato spesso e che in una settimana di luglio oltre 30 ragazzi hanno affrontato sotto la guida di Alex Giordano, Michele Sica, Antonio Pellegrino, Giuseppe Jepis Rivello e tanti tanti altri ancora. Teoria, pratica e terra. Fare i contadini per rinominare un mondo che esclude, per ricrearlo come una via dei canti contemporanea e non subirlo più. Una rivoluzione dei tempi moderni.

Sì ma come campate come campate, penso e ripenso. E il mio dubbio è quello di molti che sono qua. La sharing economy che si trasforma in colosso finanziario, le start up che diventano l’occasione per sfruttare giovani talenti a basso costo. E la gente della social innovation che lavora nei call center. E allora la mente che prima esaltava, ti ruba di colpo voglia e coraggio e ti blocca lo stomaco. Ma qui se ne sono accorti. Qui a a Caselle, Cip per gli amici, lo hanno capito, qui dove gli anziani ti guardano in faccia e ti salutano sorridendo, prima che lo possa fare tu. Lo hanno capito, generando nuove forme, nuove parole, nuovi racconti, nuovi dati, nuove umanità, nuova arte, nuovo miscuglio di grani e colture, questa è l’unica strada possibile a costo di vivere in solitudine, di cavarsela con poco e qualche volta di perdere la vita. Ma poi la solitudine? “Ci sta anche quella – mi racconta Angelo Avagliano, il precursore, il mentor, lui che si è ritirato in piena campagna nel lontano 1991. Ma ci teniamo in contatto, ci vediamo, il web poi aiuta”. E la cumparete è il metodo, scambiandosi semi di grano antichi, è la sostanza, il social network dei cumpari che vogliono pensare altro e ragionare assieme, dandosi una mano, l’intreccio che si tiene solido, cumpari senza carta, cumpari senza penne, cumpari a fiducia, cumpari di poche parole, cumpari di sorrisi che sanno, di occhi che si riconoscono negli occhi, cumpari di umanità, umani che si tengono, in una casa, in un luogo protetto come un’aia, in un iperluogo che allontana solitudine, che vanifica dubbi, che apre lo stomaco mangiato dalla paura, in questi vicoli belli e impervi, in queste piazze piccole che si aprono improvvise e abbracciano.

“Oggi ho mangiato con cento persone, questa è vita, non perdetevela”. L’entusiasmo di Baba Sissoko prende l’anima e fissa i momenti. Il fascino continua e la sospensione è ovunque a Caselle, anche in quel palio, il palio del grano che dopo la settimana di studio di campdigrano, la domenica diventa il momento della catarsi collettiva, di energia liberata.

Un palio che dal centro storico butta tutti e tutte nelle terre, anziani esperti, giovani a seguito, curiosi e cumpari in una gara di contrade che si fa gara di altri mondi, quelli di comuni vicini, di regioni vicine, di altri paesi. Grano da tagliare, mietere, trebbiare, grano giallo da mangiare e ballare.

Ma come campate, sì ma come campate. E non fartela questa domanda, qui si campa e basta, e non fartela, fai piuttosto, pensa e fai, che l’inizio non avrà mai fine, che un’idea ha bisogno di coraggio e il coraggio ha bisogno di un’idea e di braccia che si intrecciano e di mani che si mischiano. Fai come ti dicono i vecchi mentre ballano e lavorano, prendi una mano e gira.

SALVATORE MEDICI

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