È bastato che il sindaco di Sapri Antonio Gentile dichiarasse “aperto il porto” della sua città alla nave Aquarius, con a bordo 629 migranti diretti verso l’Italia, che si scatenasse l’inferno sui social. Valanghe di insulti e commenti feroci hanno bocciato la proposta del primo cittadino saprese. “Non basta mettere a disposizione solo il porto…l’importante che te li tieni a Sapri…come è bello fare gli eroi con i soldi degli altri”, scrive un utente su Facebook. “Pensiamo prima agli italiani. Salvini siamo con te. I Sindaci fanno soltanto propaganda politica”, dice un altro. C’è poi chi ne approfitta per attaccare Gentile sulle condizioni della sua città: “ Ieri, sono passato per Sapri…con degli amici, ci siamo seduti su una panchina del lungomare a mangiare un gelato. Non ho mai visto tanto degrado e abbandono…Signor sindaco pensi a pulire e sistemare il decoro di questa cittadina, che era una bomboniera di paese di mare…mahhhh”.
Tra la lista interminabile di commenti contro il sindaco, si trova qualche voce fuori dal coro. “Prima dell’immigrazione bisognerebbe risolvere il problema dell’ignoranza, che oggi si è concentrata tutta sotto a questo post, commenti disumani e abominevoli”, tuona un utente. Qualcuno addirittura si scandalizza: “Cavolo leggendo i commenti ho scoperto che il Cilento è diventato un popolo di razzistoni, la speranza è che chi non la pensa come voi si mette paura di esporsi se no significa che ci siamo trasformati…il sindaco paradossalmente per stato di necessità può farlo, sapete 600 che rischiano la vita non sono una sciocchezza, non sono l’acquisto di un cellulare o la decisione di dove andare in vacanza o quale maglietta indossare, sono una cosa seria!!! Vi invidio a sapere che la vostra coscienza è in ordine così…”. (leggi tutti i commenti)
La paura ingiustificata
L’ultimo commento pone di fatto degli interrogativi: come siamo arrivati a questo punto? I nostri territori sono veramente invasi da stranieri? Partiamo dalla città del sindaco Gentile. Secondo i dati Istat, a gennaio scorso, risultavano residenti 311 stranieri. In pratica, il 4,6 per cento della popolazione totale. Una percentuale piuttosto esigua, se si considera che in alcuni comuni del Vallo di Diano, con meno abitanti, le presenze sono quasi il doppio rispetto a Sapri. Il caso più emblematico è quello di Atena Lucana, dove la percentuale di stranieri residenti raggiunge quota 8,47. Ma non è l’unico paese valdianese ad avere il numero più alto di immigrati. Nei comuni di Sassano e Teggiano, infatti, risultano presenti, rispettivamente, il 6,72 e 6,22 per cento di stranieri. Questi dati, occorre precisarlo, non comprendono i migranti e i richiedenti asilo che non si sono ancora stabilizzati in un paese.
Ma torniamo al Cilento, i paesi in cui si registra il maggior numero di stranieri sono Capaccio (11,85%) e Ascea (7,63%), mentre nel resto della zona le percentuali risultano decisamente basse. I paesi con il minor numero di immigrati sono Alfano (1,1%) e Casaletto Spartano (1,21%).
Questo è quello che accade nei comuni del Cilento e Vallo di Diano. Sorprende, invece, che la città di Salerno abbia soltanto il 4 per cento di stranieri. Forse perché molti tendono a riversarsi in quelle zone della provincia dove è più facile trovare lavoro nei campi o nelle piccole attività artigianali.
Ma questi non sono gli stranieri che fanno paura ai cittadini che hanno inveito contro il sindaco di Sapri. A turbare la serenità di tanti cilentani sarebbero, invece, i migranti in arrivo dall’Africa a bordo di barconi. Eppure, il territorio salernitano non è estraneo agli sbarchi. Nel 2016 sono giunti a Salerno 4.402 immigrati. L’anno precedente ne sono arrivati quasi la metà. Lo scorso anno, si ricorderà, morirono 26 donne durante la traversata in mare. Le salme sbarcarono al porto di Salerno insieme ai sopravvissuti. Una tragedia che sconvolse la città e gli altri comuni salernitani. Almeno in quel caso. Ora non passa giorno senza attacchi contro gli “invasori”, anche nelle sonnecchianti e tranquille zone interne del Cilento e Vallo di Diano.
La strategia della paura
Da dove nasce il terrore per gli stranieri? Indubbiamente, la campagna mediatica condotta da alcune forze politiche ha generato una paura diffusa nei confronti dei migranti, attraverso una strategia comunicativa tesa a creare un conflitto tra “noi e loro”.
Può apparire paradossale, ma questo genere di conflitti genera unione. Per Georg Simmel, infatti, “se ogni azione reciproca tra gli uomini costituisce una associazione, allora la lotta, che è una delle azioni reciproche più vivaci deve essere senz’altro considerata come associazione”. Da questa prospettiva, il conflitto funziona come mezzo che unisce le persone per espellere tutto ciò che appare estraneo al gruppo. Nasce così il “nemico” comune. Da un lato il conflitto include le persone con le stesse idee, gli stessi sentimenti, la stessa rabbia; dall’altra genera una violenta espulsione del nemico. In questo caso, il nemico include anche gli italiani favorevoli all’immigrazione. Tutto questo, naturalmente, a beneficio di quelle forze politiche contrarie ai flussi migratori.
Alla base della strategia, troviamo stereotipi, luoghi comuni, la competizione per il lavoro, il conflitto per le risorse sociali (casa, salute, ecc.), la microcriminalità e il sentimento di insicurezza.
La reazione più normale a queste paure diventa la “chiusura”. Se un nemico esterno rischia di strapparci il lavoro, di scavalcarci nelle liste d’attesa per un alloggio popolare o nell’accesso alle cure mediche, la risposta è quella di chiudere i varchi, le frontiere, i porti, come è accaduto qualche giorno fa, impendendo che “loro” arrivino in Italia. E a nulla valgono i tentativi di contrapporre a questa strategia una narrazione differente del fenomeno migratorio, se per un certo numero di anni si è rimasti a guardare.
La realtà contro la strategia
Dopo aver detto che basta toccare i tasti giusti per creare la contrapposizione tra “noi e loro”, bisogna però riconoscere che l’Italia è stata lasciata da sola dagli altri paesi europei a fronteggiare un problema piuttosto delicato. Fra il 2014 e il 2017, sono arrivate via mare in Italia circa 623mila persone. A questo si aggiunga che il programma messo a punto nel 2015 dalla Commissione Europea per trasferire i richiedenti asilo dall’Italia verso altri paesi dell’Unione non ha funzionato.
È lecito domandarsi, quindi, fino a che punto l’ostilità nei confronti degli stranieri sia legata a una strategia di comunicazione politica e non a un fenomeno governato in modo sbagliato, a cominciare appunto dalla distribuzione dei migranti nell’Unione Europea fino ai sistemi di accoglienza? Forse entrambe le cose.